Maggiorata
Il termine maggiorata nasce negli anni cinquanta del secolo scorso, inizialmente per indicare una serie di attrici (Loren, Mangano e Lollobrigida tra le tante italiane, Mae West è un esempio d’oltreoceano), che si imposero sugli schermi cinematografici inizialmente più per la loro prorompenza fisica che per le loro doti di recitazione. Questa schiera di giovani attrici italiane, in gran parte reclutate tramite il concorso di Miss Italia, diede vita ad una versione nostrana del divismo Hollywoodiano.
L’invenzione del termine si deve a Vittorio De Sica che, nell’episodio Il processo di Frine del film Altri tempi (1952, regia: Alessandro Blasetti), nei panni di un avvocato difensore, definisce il personaggio interpretato da Gina Lollobrigida una maggiorata fisica, in contrapposizione alla definizione di minorata psichica che le era stata attribuita. Il termine fa riferimento specifico alla prosperosità del seno, ma anche ad una certa abbondanza di fianchi, e viene usato ancora oggi per indicare una donna dotata di tale abbondanza.
Il periodo d’oro delle maggiorate è quello che iniziò negli anni cinquanta e durò per quasi tutto il decennio successivo, periodo del boom economico e della dolce vita, simboleggiata proprio dal bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi, immortalato nell’omonimo film di Fellini.
Verso la fine degli anni sessanta la maggiorata lasciò la ribalta ad un tipo di donna decisamente snella, e talvolta eccessivamente magra (Twiggy ne fu un classico esempio), che nel tempo avrebbe decretato il sempre maggior successo delle fotomodelle. È curioso notare come questo cambio (o riduzione) nelle forme della "donna ideale", corrisponda in qualche modo al passaggio dagli anni del boom a quelli della crisi petrolifera.
Negli anni settanta e ottanta, la maggiorata (cinematograficamente parlando), rimane confinata alla commedia erotica all’italiana (Edwige Fenech, Carmen Russo, Anna Maria Rizzoli), per tornare di attualità negli anni novanta, con l’affermarsi di attrici come Sabrina Ferilli o Maria Grazia Cucinotta, proprio quando sul fronte della moda si giungeva a celebrare modelle che secondo alcuni mostravano un aspetto ai limiti della patologia anoressica. Questo ritorno della maggiorata fu in parte favorito anche dalla sempre maggior diffusione della chirurgia estetica, che in alcuni casi fornisce la possibilità di incrementare con appositi accorgimenti le dimensioni del petto.
Aspetti antropologici
In realtà è lecito supporre che indipendentemente dai dettami della moda o dello star system, un certo genere di forme abbia sempre goduto delle preferenze del pubblico maschile. Basti pensare alle numerose statuette preistoriche di forma femminile, raffiguranti divinità legate alla fertilità e alla Terra, dotate di proporzioni generose, così come alla Venere del Botticelli o alle teorie esposte da Desmond Morris nel suo libro La scimmia nuda, secondo cui il seno si sarebbe sviluppato con il passaggio degli esseri umani alla posizione eretta, per riprodurre l’aspetto delle natiche e fungere quindi da richiamo sessuale nei confronti del maschio. Ovviamente, per svolgere al meglio la loro funzione di richiamo, questi caratteri debbono essere ben visibili.
L’invenzione del termine si deve a Vittorio De Sica che, nell’episodio Il processo di Frine del film Altri tempi (1952, regia: Alessandro Blasetti), nei panni di un avvocato difensore, definisce il personaggio interpretato da Gina Lollobrigida una maggiorata fisica, in contrapposizione alla definizione di minorata psichica che le era stata attribuita. Il termine fa riferimento specifico alla prosperosità del seno, ma anche ad una certa abbondanza di fianchi, e viene usato ancora oggi per indicare una donna dotata di tale abbondanza.
Il periodo d’oro delle maggiorate è quello che iniziò negli anni cinquanta e durò per quasi tutto il decennio successivo, periodo del boom economico e della dolce vita, simboleggiata proprio dal bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi, immortalato nell’omonimo film di Fellini.
Verso la fine degli anni sessanta la maggiorata lasciò la ribalta ad un tipo di donna decisamente snella, e talvolta eccessivamente magra (Twiggy ne fu un classico esempio), che nel tempo avrebbe decretato il sempre maggior successo delle fotomodelle. È curioso notare come questo cambio (o riduzione) nelle forme della "donna ideale", corrisponda in qualche modo al passaggio dagli anni del boom a quelli della crisi petrolifera.
Negli anni settanta e ottanta, la maggiorata (cinematograficamente parlando), rimane confinata alla commedia erotica all’italiana (Edwige Fenech, Carmen Russo, Anna Maria Rizzoli), per tornare di attualità negli anni novanta, con l’affermarsi di attrici come Sabrina Ferilli o Maria Grazia Cucinotta, proprio quando sul fronte della moda si giungeva a celebrare modelle che secondo alcuni mostravano un aspetto ai limiti della patologia anoressica. Questo ritorno della maggiorata fu in parte favorito anche dalla sempre maggior diffusione della chirurgia estetica, che in alcuni casi fornisce la possibilità di incrementare con appositi accorgimenti le dimensioni del petto.
Aspetti antropologici
In realtà è lecito supporre che indipendentemente dai dettami della moda o dello star system, un certo genere di forme abbia sempre goduto delle preferenze del pubblico maschile. Basti pensare alle numerose statuette preistoriche di forma femminile, raffiguranti divinità legate alla fertilità e alla Terra, dotate di proporzioni generose, così come alla Venere del Botticelli o alle teorie esposte da Desmond Morris nel suo libro La scimmia nuda, secondo cui il seno si sarebbe sviluppato con il passaggio degli esseri umani alla posizione eretta, per riprodurre l’aspetto delle natiche e fungere quindi da richiamo sessuale nei confronti del maschio. Ovviamente, per svolgere al meglio la loro funzione di richiamo, questi caratteri debbono essere ben visibili.
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